Distribuzione, franchising, agenzia e concorrenza
La presenza della vostra impresa sul mercato europeo potrebbe comportare l’applicazione di una serie di norme europee sulla concorrenza per le quali sono previste sanzioni in caso di violazione.
La materia è disciplinata da una serie di regolamenti e di guidelines.
Il 1 giugno 2022 è entrato in vigore il nuovo Vertical Block Exemption Regulation (VBER), con le relative guidelines, adottato dalla Commissione Europea. Si tratta di un aggiornamento della disciplina per tenere conto delle modifiche del mercato e della crescita dell’e-commerce.
Oggetto delle norme europee sono, tra l’altro, i cd. “accordi verticali”, ovverosia accordi tra imprese operanti a diversi livelli della filiera con, ad esempio, contratti di distribuzione, di franchising o di agenzia.
L’impianto normativo è costruito con un divieto generale alle imprese di sottoscrivere accordi che impediscano, restringano o falsifichino il gioco della concorrenza tra Stati. A questo divieto fanno poi da corollario una serie di esclusioni per le quali il divieto è più o meno attenuato, fermo restando che le condotte esplicitamente anticoncorrenziali non sono consentite. Si tratta, in parole semplici, di limiti alla libertà di decidere il contenuto degli “accordi verticali”, modulati con diversi livelli di incisività.
L’esclusione del divieto, e la conseguente libertà di decidere il contenuto degli accordi, è determinata dalla singola situazione imprenditoriale, e di mercato, sulla base di parametri che portano a suddividere le imprese in tre diverse categorie: le aziende che sono libere di determinare il contenuto degli accordi verticali; le aziende che devono sottostare a limiti stringenti nel determinare il contenuto degli accordi verticali; ed infine una zona cuscinetto, nella quale la singola situazione deve essere valutata caso per caso.
Sono consentiti gli accordi non suscettibili di pregiudicare in modo significativo gli scambi fra Stati membri o che non restringono sensibilmente la concorrenza.
Si tratta di due ipotesi: la prima definita “pregiudizio al commercio”, e la seconda definita “accordi di importanza minore”, che vengono descritti nelle guidelines.
In base alle linee guida, gli accordi non pregiudicano sensibilmente il commercio tra Stati membri se:
a) la quota di mercato aggregata delle parti su qualsiasi mercato rilevante all’interno dell’Unione interessato dagli accordi non supera il 5 %, e
b) il fatturato aggregato annuo che il fornitore ha realizzato nell’Unione con i prodotti a cui si applica l’accordo non è superiore a 40 milioni di Euro o, nei casi concernenti accordi conclusi tra un acquirente e diversi fornitori, gli acquisti combinati dell’acquirente dei prodotti a cui si applicano gli accordi non sono superiori a 40 milioni di euro.
Generalmente, gli accordi verticali conclusi tra non concorrenti sono consentiti, a condizione che la quota di mercato detenuta da ciascuna parte dell’accordo non superi il 15 % su nessuno dei mercati rilevanti interessati dall’accordo.
Gli accordi verticali tra piccole e medie imprese (PMI) sono difficilmente ritenuti lesivi della concorrenza tra Stati Membri.
Le condizioni sembrerebbero quindi escludere la maggior parte delle imprese, sia per le dimensioni delle quote di mercato, sia per la natura delle imprese italiane.
Anche i contratti di agenzia rientrano tra gli accordi verticali. Determinare se possano essere oggetto di limitazioni alla libertà di determinazione del contenuto del contratto è purtroppo una valutazione complessa che deve essere svolta in modo specifico e puntuale.
Siamo però sicuri che ci siano aspetti che riguardano molte imprese e che potrebbero stupirvi. Ad esempio, potrebbero applicarsi le norme restrittive in materia di concorrenza se i costi di promozione sono a carico dell’agente.
Imprese produttrici di beni ad alta tecnologia, con pochi competitors, potrebbero avere quote di mercato molto vicine alla soglia. Imprese produttrici di beni a largo consumo potrebbero, invece, avere quote di mercato maggiori di quanto ritengono. I parametri da valutare sono infatti riferiti agli stati membri oggetto degli accordi, e non nel loro complesso, con aumento dell’incidenza della quota di mercato.
Vi è poi la possibilità che la vostra impresa rientri nella zona cuscinetto, facendo scattare la necessità di una valutazione caso per caso non solo del mercato ma anche del tenore dei contratti.
La novella legislativa di giugno 2022 ha allargato la possibilità di azione delle imprese ed è quindi ora possibile regolare accordi verticali con un maggiore campo di manovra, inserendo clausole che prima non erano consentite. Ad esempio, è ora consentito impedire ad un distributore straniero (ad esempio, francese) di tradurre la propria pagina internet in olandese per tutelare le vendite del proprio distributore olandese.
È quindi consigliata una valutazione specifica dei mercati in cui operate e una volta determinata la quota di mercato, è consigliabile rivalutare gli accordi in vigore per eventualmente apportare i necessari correttivi.
Si tratta di una materia complessa, che tiene conto non solo dei Regolamenti europei e delle guidelines ma anche delle sentenze già emesse in materia.
Il recente adeguamento di giugno (in senso più permissivo per le imprese) e lo sviluppo del mercato globale suggeriscono di valutare gli accordi di distribuzione, franchising, e i contratti di agenzia, per sfruttare le opportunità che sono ora consentite o per intervenire e correggere le clausole non compliant.
Lo Studio è a vostra disposizione per i chiarimenti che doveste ritenere utili.
Avv. Emanuele Agosti – Avv. Barbara Stoppini
Riproduzione riservata – In caso di utilizzo è necessario indicare l’Autore e la provenienza